MINDFULNESS
Il ben-essere consapevole

Cos’è la Mindfulness (trad. dall’inglese: consapevolezza). 

Le origini di ricerca della consapevolezza non possono essere ricondotte ad un contesto geografico e temporale preciso, poiché sono rintracciabili, seppure con nomi diversi, in un ampio territorio compreso tra la Cina e la Grecia, in un periodo compreso tra 2800 e 2200 anni fa. Così afferma Amadei (2013) aggiungendo che, in fondo, il monoteismo di Zarathustra in Persia, il Giainismo di Mahavira e Parshva e il Buddhismo in India, il Confucianesimo e il Taoismo in Cina, gli insegnamenti dei profeti ebraici in Palestina e la filosofia greca sono tutte tradizioni che hanno contribuito a mettere a fuoco

 ‘una pausa di libertà, un respiro profondo che porta con sé una consapevolezza estremamente lucida’ (Amadei, 2013) – in una parola, ciò che oggi in Occidente va sotto il nome di mindfulness. 

Mindfulness originariamente traduce il termine sanscrito sati, di grande ampiezza semantica e difficilmente traducibile con una sola parola. Sati è memoria del presente e presenza mentale, è conoscenza di ciò che accade in campo fenomenologico (Bodhi, 2011). 

L’essere umano, in particolar modo appartenente a gruppi sociali “moderni ed evoluti”, tendenzialmente dimentica l’importanza di abitare consapevolmente il momento presente

In modo automatico, si preoccupa per il futuro, arrivando a immaginare talvolta scenari catastrofici, cadendo in una spirale dalla quale diventa impossibile osservare semplicemente la realtà per come è. Con la stessa ostinazione auto sabotante, rimugina insistentemente sul passato, con particolare interesse verso le esperienze spiacevoli.

Un approccio mindful (ossia consapevole) alle esperienze della vita implica l’attitudine, senza sforzo, senza giudizio, con gentilezza e pazienza, attraverso la mente del principiante, ad essere consapevoli, rispetto a ciò che accade, nel momento presente, nella nostra mente, nel nostro corpo e intorno a noi.

Allenare la consapevolezza, aiuta a scegliere di dimorare nel presente, utilizzando ogni strumento utile, che via via, con la pratica quotidiana, si acquisisce, senza ansia, stress, aspettative e soprattutto senza alimentare convinzioni depotenzianti e ignorando le lezioni che emergano da esperienze piacevoli e spiacevoli. Ignorare la consapevolezza, perdersi con la mente tra passato e futuro, scambiare i nostri pensieri per la realtà, perseverare con reazioni automatiche e schemi mentali auto sabotanti, riduce l’equilibrio, la lucidità, l’intuizione, la spontaneità, squalificando l’essenza del benessere individuale ed il piacere sincero della condivisione.

  • La meditazione per la Mindfulness, rappresenta uno strumento potente, scientificamente riconosciuto, applicato anche in ambito clinico, che può essere integrato nella vita quotidiana, in maniera semplice e immediata, nel momento presente, che consente di restare in ascolto, delle sensazioni provenienti dal nostro corpo, dei propri pensieri, delle proprie emozioni e dei propri stati d’animo, accogliendo semplicemente quello che affiora alla nostra coscienza, perché TUTTO HA UN SENSO INTELLIGENTE [cit. Alfonso Guizzardi] e nulla accade per caso.
  • Attraverso un approccio educativo ed esperienziale, la Mindfulness stimolerà un rinnovamento del proprio stile di vita, principalmente attraverso due modalità: formale ed informale. 
  • La pratica formale prevede la costanza nel dedicarsi del tempo ogni giorno, apprezzando anche spazi di silenzio, per meditare o seguire delle attività suggerite dal conduttore (almeno 20’/40’ al giorno). 
  • La pratica informale prevede delle pratiche attraverso le quali allenare la consapevolezza autentica nelle consuete attività della vita quotidiana. Grazie alla costanza nella pratica della Mindfulness, sarà possibile sperimentare il beneficio della consapevolezza delle proprie sensazioni corporee, dei propri pensieri, delle proprie emozioni, dei propri stati d’animo, in modo da poter sostituire nella vita quotidiana, i comportamenti reattivi, automatici e distruttivi che bloccano o che fanno soffrire, con scelte consapevoli e funzionali. La mindfulness aiuta a distinguere ciò che è importante da ciò che non lo è, spronando a focalizzare l’attenzione su ciò che conta davvero. 

Il respiro consapevole costituisce la prima nota disegnata sul pentagramma della melodia del nostro benessere più autentico e fluido. Esso favorisce il riconoscimento consapevole e dettagliato di ciò che sta accadendo, primariamente nel nostro corpo, nel momento esatto in cui ne stiamo facendo l’esperienza.

Attraverso l’approccio mindful, si riscopre la possibilità di far ordine, praticare la tenacia, con compassione e gentilezza, sperimentando la magia del perdono e dandosi il permesso di sperimentare anche fuori dalla propria zona di comfort, abitudini, reazioni, comportamenti acquisiti e dati per scontati, etc.), prima di tutto partendo da se stessi e in totale sicurezza!

L’arrivo della mindfulness in Occidente: il lavoro di 

Jon Kabat-Zinn.

Gran parte delle idee, delle pratiche e degli interventi che oggi vanno sotto il nome di mindfulness sono il frutto di un percorso iniziato con gli studi pionieristici di Jon Kabat-Zinn, un biologo e professore della School of Medicine dell’Università del Massachussets che, a partire dal 1979, ha sviluppato un protocollo per introdurre la meditazione di consapevolezza come intervento in contesti clinici. 

Era convinzione di Kabat-Zinn, infatti, che la pratica di meditazione avesse il potere di trasformare in modo duraturo l’esperienza individuale della sofferenza e dello stress, offrendo un’alternativa alle strategie orientate alla risoluzione dei problemi che sono profondamente radicate nella cultura occidentale. Sulla base di queste esigenze, la mindfulness si spogliava delle sue connotazioni spirituali e morali, rinunciava ad essere parte di un cammino per l’illuminazione e si definiva come un’attenzione focalizzata, rivolta al momento presente e non giudicante (Kabat-Zinn, 1994). 

Il protocollo Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR) nasce dal lavoro di Jon Kabat-Zinn a partire dagli anni Settanta. Il programma di intervento è stato ideato per pazienti affetti da dolore cronico o malattie terminali ma è stato in seguito applicato con successo ad altre condizioni cliniche (fisiche e psicologiche).

Mindfulness e terapia cognitiva: MBCT.

Il successo del Mindfulness Based Stress Reduction ha fatto sì che anche in ambito cognitivista (1977, si riconosce in ambito scientifico, l’interrelazione fra corpo e mente) si diffondesse un certo interesse per le pratiche di consapevolezza come strumento clinico. 

In effetti, mindfulness e cognitivismo avevano un comune interesse per il ruolo che i nostri pensieri giocano su emozioni e comportamenti. 

Attorno al nucleo originario del Mindfulness Based Stress Reduction si è quindi sviluppato l’orizzonte più ampio dei cosiddetti Mindfulness Based Interventions (MBIs). 

Giommi (2014) ha identificato alcune caratteristiche comuni a questi interventi, tra le quali ricordiamo la pratica meditativa, il formato di gruppo, la responsabilità individuale, la quantità consistente di impegno richiesto ai partecipanti, la prospettiva a lungo termine e l’orientamento non finalizzato al risultato

Tra gli interventi derivati dal Mindfulness Based Stress Reduction, la Mindfulness Based Cognitive Therapy è il protocollo più diffuso e testato scientificamente; altre proposte di trattamento basate sulla mindfulness sono la Mindfulness-Based Relapse Prevention per le dipendenze proposta da Bowen, Chawla e Marlatt (2011), il Mindfulness-Based Eating Awarness Training elaborato da Kristeller, Baer e Quillian-Wolever (2006), il Mindfulness-Based Childbirth and Parenting formulato da Bardacke (2013), la Mindfulness-Based Elder Care di McBee (2008) e il programma Mindfulness-Based Relationship Enhancement sviluppato da Carson, Carson, Gil e Baucom (2004).

Secondo la prospettiva degli ideatori della Mindfulness Based Cognitive Therapy (Segal, Teasdale e Williams, 2002), un soggetto che sia stato depresso in passato, corre il rischio di un nuovo episodio depressivo perché, in periodi di umore negativo, tende a riattivare in modo automatico pensieri, emozioni e sensazioni che erano attivi durante il periodo di sofferenza. 

Su questo sfondo, ‘il fine ultimo del programma Mindfulness Based Cognitive Therapy è quello di aiutare gli individui a realizzare una trasformazione radicale nella loro relazione con i pensieri, con le emozioni e con le sensazioni fisiche che possono contribuire alle ricadute depressive‘ (Segal et al., 2013, p. 80). 

In altre parole, lo scopo è insegnare ai pazienti una nuova relazione con il proprio corpo e le proprie esperienze, che permetta loro di fare un passo indietro rispetto alle risposte automatiche e quindi li protegga da quei circoli viziosi che comportano il rischio di ricadute. Il pensiero ruminativo che determina l’innesco dei circoli viziosi può essere, a sua volta ricondotto ad una modalità di pensiero più ampia, quella cioè del ‘fare’. 

Come affermano Williams, Teasdale, Segal e Kabat-Zinn (2007), la modalità del fare produce di frequente risultati brillanti come strategia per risolvere problemi e raggiungere obiettivi nel mondo esterno. I problemi sorgono quando si applica la modalità del fare alle questioni legate al sé: in questi casi, infatti, la spinta a fare porta con sé un costante monitoraggio dei risultati. 

Poiché è molto difficile riuscire a ridurre la discrepanza tra la realtà e ciò che si desidera in tempi brevi, la mente ripete a oltranza queste valutazioni, innescando la ruminazione che poi conduce alle ricadute depressive. Quando la mente segue la spinta a fare, perde il contatto con l’esperienza presente: proprio mentre cerca di affrontare un problema, si allontana dalla soluzione perché non riesce a cogliere i segnali che il corpo invia. Considerato che questa modalità di pensiero è una risposta frequente alle emozioni che si sperimentano quotidianamente, è possibile cogliere queste occasioni come possibilità di esercizio. 

La mindfulness propone di sperimentare la modalità dell’essere, che non è uno speciale stato in cui ogni attività cessa, bensì una prospettiva decentrata che consenta di slegarsi dalle consuete modalità di risposta, automatiche e involontarie, che tentano di allontanare lo spiacevole e trattenere il piacevole. 

La Mindfulness Based Cognitive Therapy, in linea con il programma Mindfulness Based Stress Reduction, coltiva un utilizzo particolare dell’attenzione e della consapevolezza, suggerendo un focus sui processi di pensiero piuttosto che sul contenuto. L’intento non è quello di escludere dalla mente tutti gli stati negativi, ma di evitare che diventino stabili quando si presentano. 

La Mindfulness Based Cognitive Therapy è proposta ad un gruppo di pazienti, in genere una trentina, poiché praticare con gli altri e confrontarsi circa le proprie personali esperienze è considerato dagli autori un elemento fondamentale dell’intervento. Gli incontri sono settimanali, durano circa due ore e alternano momenti di pratica e momenti di indagine su quanto sperimentato (inquiry). Tra un incontro e l’altro i partecipanti sono invitati a svolgere degli esercizi a casa, per alcuni dei quali ricevono delle tracce audio. Pratica formale e pratica informale si alternano sia nel corso delle sedute che a casa. Proprio come il programma Mindfulness Based Stress Reduction, la Mindfulness Based Cognitive Therapy non è una psicoterapia, quanto piuttosto una strategia di intervento, un percorso formativo

Esiste però una prima differenza importante: mentre la Mindfulness Based Stress Reduction è un protocollo transdiagnostico, a cui partecipano soggetti con diverse condizioni mediche e psicopatologiche, così come persone senza una precisa diagnosi che si sentano stressate o vogliano cambiare qualcosa nel proprio modo di vivere, la Mindfulness Based Cognitive Therapy è un programma dedicato a pazienti con esperienza di depressione maggiore.

Via via che la Mindfulness si è diffusa nel mondo scientifico e psicologico e si è imposta anche all’interno del Cognitivismo, le Neuroscienze hanno iniziato a occuparsene per studiarne gli effetti sul cervello dei praticanti. Le ultime ricerche suggeriscono come la Mindfulness promuova cambiamenti funzionali nel cervello mediante la neuro plasticità. 

Haselkamp, in uno studio del 2012, conferma questa ipotesi e asserisce che questi cambiamenti nella connettività funzionale siano duraturi nel tempo. Dimostra infatti come praticanti con molti anni di meditazione siano caratterizzati da una maggiore connettività all’interno delle reti attenzionali e tra queste e le regioni prefrontali mediali. Questi dati, secondo Haselkamp, consentirebbero un maggior sviluppo delle abilità cognitive, nel mantenere l’attenzione e nello svincolarsi dalle distrazioni. Luders, nel 2012, ha condotto una ricerca in cui voleva indagare gli effetti cerebrali della meditazione a seconda del numero di anni di pratica. I risultati suggerivano come meditando per molti anni avvenisse un aumento di spessore e un potenziamento dei lobi frontali e in particolare della corteccia prefrontale mediale.  

Per raggiungere un livello conoscitivo sempre più elevato, all’interno delle Neuroscienze, è nata una branca che si occupa in modo specifico della Mindfulness. Norman Farb, in questo senso può essere considerato il capostipite di questo settore delle neuroscienze, con il suo contributo ‘Mindfulness meditation reveals distinct neural modes of self-reference‘, del 2007.

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                                                             daniela rossini